Il dottor StranoWeb
"Cose strane dal mondo"
Fatti bizzarri, cose strane, notizie curiose e avvenimenti assurdi
notati, osservati o fotografati in giro per il mondo o sul Web.
venerdì 25 agosto 2006
martedì 1 agosto 2006
La vera storia del'Isola Ferdinandea, l'isola che non c'è
"Seconda stella a destra, questo è il cammino
e poi dritto, fino al mattino
poi la strada la trovi da te
porta all' isola che non c'è"
Edoardo Bennato - L'isola che non c'è (1980)
La canzone di Bennato non ha alcun riferimento alla storia che sto per raccontarvi, ma era una buona introduzione al tema che sto per trattare in una delle grandi inchieste de Il dottor StranoWeb. In questo post, infatti, voglio parlarvi del mistero legato all'Isola Ferdinandea, un isolotto vulcanico emerso al largo della Sicilia e sprofondato più volte, attorno al quale è persino sorta una disputa territoriale tra ben tre nazioni. Si tratta di una storia di cui non si sa molto e che, per questo, è pane per i nostri denti.
Tra il 28 giugno e il 17 luglio 1831 delle violente scosse di terremoto sconvolsero la costa sud-occidentale della Sicilia sollevando impressionanti onde anomale e colonne di fumo dal mare, che ribolliva con violenza uccidendo i pesci. Il 17 luglio emerse dal mare anche una nuova isola, costituita dalla bocca di un vulcano sommerso, che crebbe rapidamente con l’accumulo di materiali eruttivi. Si trovava sul banco detto dai Siciliani Secca di Mare o Secca del Corallo e dagli inglesi di Malta Banco di Graham, circa 30 miglia a sud di Sciacca. Partì proprio da Sciacca la prima delegazione in perlustrazione e il comandante della spedizione, Michele Fiorini, piantò sull’isola un remo in segno di primo scopritore.
Nell’agosto, al cessare delle eruzioni, l’isola misurava una circonferenza di 4800 metri e raggiungeva un’altezza massima di 70 metri sul livello del mare, con ben due laghetti di acqua salata e acida al centro dei crateri che l’avevano generata.
Non appena si diffuse la notizia dell'apparizione del piccolo lembo di terra, si susseguirono le visite da parte di vari studiosi, tra cui il prof. Karl Hoffman, geologo dell'Università di Berlino, il fisico Domenico Scinà, il prof. Carlo Gemellaro, docente di Storia Naturale presso l'Università di Catania. L'isoletta suscitò anche l'interesse di alcune potenze straniere alla ricerca di avamposti strategici per gli approdi delle loro flotte mercantili e militari. Così il 2 agosto l'Inghilterra prese possesso dell'isola chiamandola "Graham", suscitando le proteste dei siciliani e dello scopritore capitano Corrao. Il 26 settembre anche la Francia inviò un brigantino con a bordo il geologo Constant Prévost e il pittore Edmond Joinville, che realizzò i disegni dell’isola, per compiere rilievi e ricognizioni che evidenziarono frane sul terreno e pronosticarono il prossimo inabissamento dell’isola. Come gli inglesi, anche i francesi non avevano chiesto alcun permesso al re Ferdinando II di Borbone, quale legittimo proprietario dell'isola, essendo questa sorta nella acque siciliane. Anzi i francesi la ribattezzarono "Iulia" in riferimento alla sua comparsa avvenuta nel mese di luglio, poi posero una targa a futura memoria e innalzarono sul punto più alto la bandiera francese. Allora Ferdinando II inviò sul posto il capitano Corrao il quale, sceso sull'isola, piantò la bandiera borbonica battezzando l'isola "Ferdinandea" in onore del sovrano. Sembrava che l'evento non suscitasse altro clamore, invece giunse sul posto la marina britannica e fu deciso di rimettere la questione ai rispettivi governi.
Dopo poco tempo il pronostico francese cominciò ad avverarsi. I flutti iniziarono quindi a erodere poco a poco l’isola, mentre a fine ottobre del 1831 il governo borbonico prendeva posizione ufficiale ricordando ai governi di Gran Bretagna e Francia che a norma del diritto internazionale la nuova terra apparteneva alla Sicilia. A quanto sembra però i due governi non risposero, e iniziarono le rivalità fra le due nazioni, entrambe interessate a favorire le loro posizioni strategiche nel Mediterraneo. Il 7 novembre un capitano inglese misurò di nuovo l'isola, che risultò ridotta ad un quarto di miglio con un'altezza di venti metri. Il 16 novembre si scorgevano soltanto piccole porzioni e l'8 dicembre un capitano siciliano ne costatò la scomparsa, mentre alcune colonne d'acqua si alzavano e si abbassavano. Dell'isola rimaneva un vasto banco di roccia lavica, che attualmente viene indicato nelle carte nautiche come "il banco Graham", a 24 miglia a nord-est di Pantelleria. L’isolotto è poi riapparso nuovamente nel 1846 e nel 1863, per poi scomparire dopo pochi giorni.
Il terremoto del Belice (1968), le acque circostanti il Banco di Graham ribollirono, ma l'isola non riemerse, anche se accorsero a distanza alcune navi britanniche della flotta del Mediterraneo. A scanso di equivoci i siciliani posero sulla superfice del banco Graham una targa in pietra tra le cui righe si legge "Questo lembo di terra, un tempo l'Isola Ferdinandea, era e sarà sempre del popolo siciliano".
Il vulcano rimase quindi dormiente con la cima circa 8 m sott’acqua e nel 1986 fu erroneamente scambiato per un sottomarino libico dalla U.S. Air Force e colpito da un missile. Nel 2002 una rinnovata attività sismica nella zona fece presagire una nuova apparizione dell’isola, ma nulla accadde.
Oggi il diritto internazionale è lontano dalle concezioni classiche sull'acquisto della sovranità territoriale mediante occupazione simbolica dopo la scoperta con l'apposizione della bandiera. Soprattutto nel nuovo diritto del mare vigono oggi principi molto diversi da quelli del 1831, basati sul concetto di piattaforma continentale, cioè di quella parte del fondo e sottofondo marino che costituisce il prolungamento della terra emersa e che si mantiene a profondità costante prima di precipitare negli abissi. I diritti dello Stato costiero sulla propria piattaforma continentale appartengono quindi ad esso senza bisogno di alcuna proclamazione. Questi diritti sono inoltre esclusivi, nel senso che nessuno può svolgere attività di esplorazione o sfruttamento sulla piattaforma continentale senza l'autorizzazione dello Stato costiero. Tuttavia, per evitare in anticipo una nuova disputa di sovranità, alcuni sommozzatori italiani piantarono un tricolore sulla cima del vulcano.
Attualmente la cima del vulcano resta ancora circa 6 metri sotto il livello del mare.